Pubblico delle grandi occasioni ieri sera a villa Bocci/La Colombaia, terzo deposito d’arte scelto nel Casentino durante la Seconda guerra mondiale per nascondere e proteggere i capolavori dei musei fiorentini, per la presentazione del catalogo della mostra “Michelangelo Rapito, capolavori in guerra dagli Uffizi al Casentino”, allestita fino al 28 gennaio al Castello di Poppi grazie al Comune di Poppi e alle Gallerie degli Uffizi.
Con la curatrice scientifica Alessia Cecconi c’era Annalisa Venditti, giornalista della redazione del programma di Rai3 “Chi l’ha visto”, per la rubrica “Opere d’arte rubate”, che presto lancerà nuovamente l’appello per la Maschera di Fauno un tempo attribuita a Michelangelo e anche per le altre opere disperse, in particolare “La Vergine che allatta l Bambino e Santi”, opera in marmo di Pierino Da Vinci, nipote di Leonardo, e il dipinto “Ritratto di ignoto” attribuito ad Hans Memling. A portare i saluti di Poppi e Bibbiena i sindaci Carlo Toni e Filippo Vagnoli e per Prospettiva Casentino Denise Vangelisti.
Intanto l’allestimento conferma il grande successo di pubblico che anche durante le festività ha continuato a varcare le porte del Castello di Poppi per immergersi nel percorso storico e lasciarsi affascinare dall’esperienza della mostra immersiva. I visitatori sono infatti saliti a 28mila, oltre a 58 classi di tutte le scuole del territorio per circa 1.500 fra bambini e ragazzi.
La mostra di Poppi ricostruisce la rocambolesca vicenda che ebbe come protagoniste centinaia di opere d’arte degli Uffizi e dei musei fiorentini prima messe in salvo, poi in parte trafugate dai nazisti e alla fine recuperate. L’allestimento, realizzato nell’ambito del programma degli Uffizi Diffusi, ruota attorno alla vicenda della famosa Maschera di Fauno attribuita a Michelangelo, trafugata dai nazisti nell’agosto del ’44, e mai ritrovata.
Il Castello di Poppi, infatti, insieme al Monastero di Camaldoli e a Villa Bocci di Soci, divenne fra il 1940 e 1944 lo scrigno di protezione per le opere d’arte. Il progetto espositivo ricostruisce le vicende del patrimonio artistico toscano durante la guerra con un’attenta ricerca archivistica e iconografica che porta alla luce foto storiche, documenti mai pubblicati e filmati d’epoca, ma offre anche l’opportunità di un’esperienza emozionante, perché quelle stesse opere – compreso il Fauno perduto – attraverso la mostra immersiva e interattiva, sono tornate in via eccezionale all’interno del Castello per incontrare i visitatori.
La villa di Giuseppe Bocci a Soci fu aggiunta ai depositi del Castello di Poppi e del Monastero di Camaldoli nel corso del 1943. Qui furono collocate oltre 150 opere conservate in 112 casse provenienti dal Museo dell’Opera del Duomo, da quello del Bargello, dall’Orfanotrofio del Bigallo, dal Palazzo di Parte Guelfa, dalla Chiesa di Santa Croce e dal Museo degli Argenti.
Pochi mesi dopo, con la ritirata dell’esercito tedesco, iniziarono le requisizioni delle opere nei vari rifugi. Già il 30 giugno 1944, mentre Soci era sotto attacco dei bombardamenti alleati, Villa Bocci venne occupata dai tedeschi. Il 20 agosto, qualche giorno prima della liberazione di Bibbiena, i nazisti caricarono otto camion della Decima Armata con tutte le casse depositate dalla Soprintendenza e partirono verso nord.
Solo nel maggio 1945 il prezioso carico fu ritrovato a Brunico e il 22 luglio del 1945 le centinaia di opere dei musei fiorentini requisite, fra cui quelle conservate a villa Bocci e al castello di Poppi, tornarono finalmente a casa, a Firenze.